- Cenni di storia - Per diversi ingegneri italiani, nell’aprile del 1926, il Congresso di New York della Commissione Elettrotecnica Internazionale (CEI) fu l’occasione per conoscere l’America.
Concluso il congresso, i delegati europei furono invitati a visitare i principali impianti elettrici e le aziende elettrotecniche degli Stati Uniti e del Canada.
Là gli ingegneri italiani videro i sistemi di smistamento dei carri ferroviari per gravità, mediante la sella di lancio con freni sui binari, di cui non esistevano esempi nel nostro paese.
Un impianto del genere fu costruito qualche anno dopo nella nuova stazione di Milano Smistamento.
In vista dell’Esposizione Internazionale Parigi del 1937 e in previsione delle manifestazioni per il Centenario della ferrovia in Italia (1839-1939), l’ingegner Minucciani fu incaricato di costruire un grande plastico dimostrativo che riproducesse, in scala, le manovre sulla sella di lancio dell’impianto milanese.
- Il problema della scala - Il problema di costruire un plastico del genere con i mezzi di allora, si dimostrò ben più difficile di quanto, in partenza potesse sembrare.
La difficoltà stava soprattutto nel conciliare le contrastanti esigenze di una scala che fosse abbastanza grande da permettere di utilizzare i motorini disponibili a quel tempo, con accettabile sicurezza di funzionamento e al tempo stesso abbastanza piccola da non rendere proibitive le dimensioni finali dell’impianto.
L’ingegner Minucciani ricorse ad un trucco: anziché motorizzare le locomotive, studiò un impianto con un doppio fondo.
Sul piano superiore, in vista, venne realizzato il plastico vero e proprio, sul piano sottostante, nascosti alla vista e su un tracciato parallelo, circolavano i trattori, che, tramite un’asta, spingevano le locomotive del piano superiore.
Fra le rotaie del plastico c’era un feritoia longitudinale che permetteva all’asta del trattore sottostante di impegnarsi nell’apposita sede e far muovere la locomotiva.
Per ridurre al minimo il “fastidio estetico” della feritoia questa venne posta, non in posizione centrale, ma decentrata, verso l’osservatore, in modo da rimanere il più possibile nascosta alla vista, coperta dal rotaia adiacente.
Per semplificare il lavoro, compiuto dall’officina del deposito locomotive di Bussoleno, solo i binari necessari allo svolgimento delle manovre dimostrative erano effettivamente operativi, gli altri privi di feritoia, non permettevano la circolazione delle locomotive, per cui erano destinati unicamente alla sosta dei carri per arricchire la panoramica.
Il particolarissimo tipo di motorizzazione portò a qualche sacrificio estetico della piattaforma girevole, funzionante per l’accesso a uno solo dei binari della rimessa a settore circolare, la piattaforma riprodotta in forma di disco pieno era interrotta solo dal binario munito di relativa feritoia.
Nel piano sottostante i trattori circolavano su binari di scartamento circa doppio di quello dei treni del piano superiore, ed erano alimentati alla tensione di 60 V attraverso prese di corrente striscianti su due appositi conduttori laterali, che permettevano, senza difficoltà, il funzionamento sui cappi di ritorno.
Il plastico risultò di circa 16 metri di lunghezza per 3 metri di larghezza, più la parte retrostante nascosta.
- Manovre spettacolari - Il materiale rotabile, costruito appositamente poiché non esisteva a quei tempi una produzione modellistica commerciale da cui attingere, era riprodotto in scala 1:64 e comprendeva parecchie centinaia di carri e alcune decine di locomotive a vapore dei Gruppi 480, 740, 744 e 940.
Particolare curioso; i numeri di servizio delle locomotive 480 erano in parte di fantasia, superiori a quelli delle locomotive esistenti al vero, mentre quelli delle 744 appartenevano alla serie numerica delle locomotive con distribuzione Walschaerts, benché fossero riprodotte macchine con distribuzione Caprotti.
Dal punto di vista della decorazione del paesaggio, il plastico era lontano dalle raffinatezze dei più esigenti modellismi moderni: binari ed edifici erano semplicemente posati sul piano di appoggio sul quale spiccavano le teste delle viti che collegavano i vari elementi alla struttura e l’altezza delle rotaie e dei bordini badava, più alla sicurezza di funzionamento che al realismo.
In compenso, tutti gli elementi caratteristici dell’impianto erano riprodotti: gli edifici, le cabine di blocco, la rimessa a settore circolare completa di ciminiera, la centrale termica, i vari cumuli di carbone per le locomotive, le torri di illuminazione e i freni di binario.
Era stato riprodotto anche l’inconfondibile cavalcavia di cemento armato di Segrate.
Sullo sfondo il rilevato della ferrovia Milano-Venezia e un fondale dipinto con uno scenario di periferia urbana, che coprivano alla vista degli spettatori i due cappi di ritorno.
- Il funzionamento - Il ciclo di funzionamento dell’impianto prevedeva che un treno, partito da uno dei binari operativi del fascio delle partenze, sulla destra, dopo aver percorso un cappio nascosto raggiungesse il fascio dei binari di arrivo.
Dopo aver nuovamente cambiato senso di marcia tramite un’altro cappio nascosto, il treno entrava nel fascio di smistamento.
Qui la locomotiva titolare veniva sganciata e, passando sotto la sella di lancio, si dirigeva verso il deposito locomotive per ricoverarsi nella rimessa o raggiungere attraverso un binario di circolazione, il fasci di partenze per un nuovo ciclo.
Nel frattempo un’altra locomotiva, in sosta sul tronchino alle spalle della rimessa, spingeva il treno sulla sella di lancio, da dove i carri (singolarmente o a gruppi), raggiungevano per gravità i binari del fascio delle partenze.
La locomotiva di manovra, infine, ritornava al punto di partenza su altro binario di circolazione, in attesa del successivo treno da smistare.
- La triste fine - Sopravvissuto alla guerra, il plastico Minucciani, prima di approdare al Museo Ferroviario di Roma, fu esposto a Torino alla Mostra della Ricostruzione nel 1948 e fu quasi certamente allora che il parco dei modelli venne arrichito di alcune locomotive elettriche E.636.
Nell’occasione l’impianto ricevette qualche modifica al piano binari e l’elettrificazione, con i pali della linea aerea completi di mensole ma senza fili di contatto, mentre il doppio binario della linea Milano-Venezia venne reso operativo e percorso da due treni, non più azionati da trattori nascosti ma con motori in macchina, alimentati alla tensione di 110 volt.
Da Roma Termini, dove polarizzava l’attenzione dei visitatori, grandi e piccoli, il plastico Minucciani fu sfrattato a metà degli anni Sessanta, allorché le FS decisero il rinnovamento della stazione e non essendo stata trovata una collocazione adeguata, il plastico fu smontato e sistemato in un locale presso la sottostazione di Bisuschio (VA) in attesa di una nuova destinazione.
Quando le FS si ricordarono di nuovo della sua esistenza, forse in vista della realizzazione del nuovo Museo Ferroviario Nazionale, i pezzi più importanti erano stati trafugati e il materiale rimanente era ormai deteriorato e inutilizzabile.
- Immagini relative - Vista dall’alto del plastico poco dopo il completamento; sulla sinistra, dietro il fondale ancora da completare, si notano in alto i cappi di ritorno con il binario operativo.
In basso si intravvede quello a scartamento maggiore per il trattore.
Il doppio binario in rilevato della Milano-Venezia non è ancora operativo.
- Foto G.Marinelli-FS / da: iTreni oggi 118 -
In rosso i binari operativi.
Sulla destra il lungo binario di circolazione fra il deposito locomotive e il fascio dei binari di partenza, in basso a sinistra il tronchino per la sosta della locomotiva da manovra fra una spinta e un’altra.
- Foto G.Marinelli-FS / da: iTreni oggi 118 -
Particolare ingrandito della foto di copertina con una locomotiva 744 Caprotti sulla piattaforma e una 940 e una 480 in sosta, è visibile il taglio sulle traversine dei binari operativi.
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- Foto G.Marinelli-FS / da: iTreni oggi 118 -
Il plastico Minucciani fotografato nel gennaio 1958 al tempo in cui era esposto al Museo Ferroviario di Roma Termini.
Rispetto allo stato originario (foto di copertina) è stata aggiunta la linea aerea (anche se priva di catenaria), la decorazione dello sfondo, le vistose torri faro, oltre alla presenza di due E.636, una sul binario e una nella rimessa.
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- Foto G.Marinelli-FS / da: iTreni oggi 118 -
Dalla parte opposta al deposito l’ampio fascio dei binari di partenza con i pali della linea aerea.